Ricorso  della  regione  Liguria,  in  persona del presidente della
 giunta  regionale  rag.  Giacomo  Gualco,  all'uopo  autorizzato  con
 delibera  g.r.  in  data  15  ottobre  1990, n. 4429, rappresentata e
 difesa dall'avv. Luigi Cocchi per  procura  speciale  a  margine  del
 presente  atto ed elettivamente domiciliata in Roma via XX settembre,
 1, presso l'avv.  Gian  Paolo  Zanchini,  contro  la  Presidenza  del
 Consiglio  dei Ministri in persona del Presidente pro-tempore, per la
 declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 3  del  d.-l.
 15  settembre  1990,  n.  262, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20
 settembre 1990, n. 220.
    Con la norma qui impugnata dalla regione Liguria in via principale
 il d.-l. 15 settembre 1990, n. 262, nell'ambito delle misure  urgenti
 per il finanziamento del saldo della maggior spesa sanitaria relativa
 agli anni 1987 e 1988 e delle disposizioni per il finanziamento della
 maggior spesa sanitaria relativa all'anno 1990, ha previsto che:
      le regioni possano autorizzare le uu.ss.ll. e gli altri enti che
 gestiscono servizi sanitari  finanziati  dalle  quote  regionali  del
 fondo   sanitario  nazionale  ad  assumere  impegni  per  l'esercizio
 finanziario 1990  anche  in  eccedenza  agli  stanziamenti  di  parte
 corrente  autorizzati con il bilancio di previsione, per provvedere a
 spese  improcrastinabili  e  di   assoluta   urgenza   entro   limiti
 prequantificati dalle regioni stesse per ciascun ente (primo comma);
      per  il finanziamento di tale spesa autorizzata in eccedenza, le
 regioni possano  autorizzare  le  uu.ss.ll.  e  gli  altri  enti  che
 gestiscono  i  servizi  sanitari  ad  assumere con i propri tesorieri
 anticipazioni straordinarie di cassa alle condizioni  previste  dalle
 convenzioni di tesoreria (secondo comma);
      le  spese effettivamente sostenute a fronte delle autorizzazioni
 concesse ai sensi del primo comma, desunta dai conti  consuntivi  dei
 singoli enti, e gli oneri derivanti dalle anticipazioni straordinarie
 di cassa di cui al secondo comma sono assunti a carico delle  regioni
 e  sono  finanziate  o  con  propri  mezzi  di  bilancio,  o mediante
 alienazioni dei beni patrimoniali  disponibili,  ovvero  mediante  la
 contrazione  di mutui o prestiti con istituti di credito, da assumere
 anche in deroga alle limitazioni previste dalle vigenti disposizioni,
 avvalendosi  per  la  copertura  delle  relative rate di assorbimento
 anche delle entrate tributarie previste all'art.  6  della  legge  14
 giugno 1990, n. 158 (terzo comma).
    Tale  norma,  e  segnatamente il terzo comma, partendo dal deficit
 accumulato dalle uu.ss.ll. e dagli altri enti del comparto  sanitario
 conseguente  alla  sottostima  del  fabbisogno  del  Fondo  sanitario
 nazionale,  sottostima  non  solo  provata  da  atti  pervenuti   dal
 Ministero della sanita' e dal Consiglio nazionale sanitario, ma anche
 dimostrata in linea di fatto dal fisiologico accumulo a  partire  dal
 1980  da  parte  di  tutte le uu.ss.ll.: e degli enti di comparto dei
 deficit che sono stati poi via via ripianati  ex  post  in  forza  di
 provvedimenti  legislativi  straordinari  da  parte dello Stato, pone
 ancora una volta in essere il tentativo di far gravare sulla  finanza
 regionale tali deficit.
    In altri termini, fermi restando i meccanismi di finanziamento del
 S.s.n. e fermi restando  i  centri  di  imputazione  delle  attivita'
 decisionali  che agiscono sulla spesa sanitaria e che fanno capo allo
 Stato con estraneita' delle regioni da qualsiasi effettivo potere  di
 determinazione  concretamente  incisivo  sui  meccanismi  della spesa
 sanitaria, con la norma impugnata si pongono a  carico  del  bilancio
 regionale  i  deficit accumulati per gli anni 1987, 1988 e 1990 dalle
 uu.ss.ll. e dagli altri Enti del comparto sanitario finanziati con il
 F.s.n..
    Tale norma e' costituzionalmente illegittima.
                                DIRITTO
    1.  - Violazione degli artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione.
    La  norma  qui impugnata rinviene precedenti in linea di principio
 nell'art. 2, primo comma, della legge n. 37/1989,  con  il  quale  si
 stabili'  che le eccedenze di spesa per le prestazioni specialistiche
 in regime di convenzionamento esterno non dovevano  far  carico  allo
 Stato,  ma al bilancio delle regioni, e nell'art.  29, secondo comma,
 n. 1, della Legge n. 730/1983, laddove si disponeva che  in  caso  di
 insufficienza  della  quota  del fondo sanitario nazionale il ripiano
 del disavanzo delle uu.ss.ll.  doveva far carico  al  bilancio  delle
 provincie autonome e delle regioni.
    Entrambe  tali  disposizioni  normative  sono  state  riconosciute
 incostituzionali da codesta ecc.ma Corte con sentenze nn. 452/1989  e
 245/1984.
    In particolare con la sentenza n. 452/1989 codesta ecc.ma Corte ha
 letteralmente ritenuto che:
    "Sin  dalla  sentenza  n.  245/1984,  questa  Corte  ha  tenuto  a
 sottolineare che  la  sanita',  sebbene  sia  ricompresa  nell'elenco
 predisposto  dall'art.  117 della Costituzione 'non si risolve in una
 materia pienamente assimilabile  agli  altri  settori  di  competenza
 regionale,  sia  per  la particolare intensita' de limiti cui sono in
 tal  campo  sottoposte  la  legislazione  e  l'amministrazione  delle
 regioni,  sia  per  le  peculiari  forme e modalita' di finanziamento
 della relativa spesa pubblica, sia soprattutto, per i tipici rapporti
 che  l'ordinamento  vigente stabilisce fra le varie specie di enti ed
 organismi cooperanti  ed  interagente  nella  materia  medesima'.  Su
 questa  base, dopo aver affermato che non si puo' presupporre 'che le
 amministrazioni regionali portino l'effettiva  responsabilita'  degli
 eventuali  disavanzi  delle  uu.ss.ll.',  in  quanto gran parte della
 spesa sanitaria e, fra questa, gli oneri derivanti dalle prescrizioni
 mediche, si formano indipendentemente dalle scelte regionali (e dalle
 stesse deliberazioni degli organi di gestione delle unita'  sanitarie
 locali), essendo prevalentemente legati al soddisfacimento di diritti
 costituzionalmente garantiti e, quindi, essenzialmente  a  scelte  di
 ordine   generale   degli   organi   centrali   di   governo  dettate
 dall'esigenza di assicurare parita' di trattamento fra  i  cittadini,
 la    stessa    Corte    ha    concluso   che   doveva   considerarsi
 costituzionalmente illegittima una norma che imponeva  comunque  alle
 regioni  il  ripiano  del  disavanzo  delle unita' sanitarie locali a
 prescindere dai fattori che l'avessero prodotto.
    La  disciplina  legislativa intervenuta successivamente alle norme
 di legge giudicate con la sentenza  appena  ricordata  non  ha  certo
 spostato  a  favore  delle  regioni  la  responsabilita'  della spesa
 sanitaria,  ivi  compresa  quella  per  le  spese   derivanti   dalle
 prescrizioni mediche. In particolare, il legislatore statale, al fine
 di tentare di far fronte a un considerevole aumento delle  spese  per
 prestazioni  specialistiche  in regime di convenzionamento esterno in
 seguito all'abolizione (a partire dal 1ยบ gennaio 1987) dei ticket, ha
 proceduto,  per  un  verso, a reintrodurre questi ultimi e, per altro
 verso, ad affidare, con la legge impugnata, al Ministro della sanita'
 nuovi  poteri finalizzati al contenimento della predetta spesa, fra i
 quali l'adozione di varie  misure  dirette  ad  eliminare  gli  oneri
 derivanti  dalla  prescrizione  incongrua di prestazioni diagnostiche
 (art. 2, secondo comma) e il potere di vigilare sulla gestione  delle
 unita'  sanitarie  locali  utilizzando anche il mezzo delle ispezioni
 amministrative (art. 4, secondo comma). In breve, la legge n. 37/1989
 conferma  che, anche nella specifica materia sulla quale insistono le
 norme oggetto della contestazione ora in esame, si e' in presenza  di
 un  complesso  di  responsabilita' in ordine alle decisioni pubbliche
 incidenti sulla spesa che coinvolge  tanto  gli  organi  centrali  di
 governo  e,  in  particolare,  il  Ministro  della sanita', quanto le
 Regioni e le Unita' sanitarie locali.
    Pertanto,  in  base  ai  principi  gia'  affermati da questa Corte
 (sentenza n. 245/1984), la previsione contenuta  nell'art.  2,  primo
 comma,  della  legge  n.  37/1989,  la quale espressamente esclude di
 porre comunque a carico dello Stato le spese eventualmente  eccedenti
 il tetto fissato dallo stesso articolo di legge, e' irragionevolmente
 lesiva dell'autonomia finanziaria  delle  regioni  e  delle  province
 autonome.  La  garanzia  di tale autonomia, infatti, comporta che non
 possano essere addossati al bilancio regionale  (o  provinciale)  gli
 oneri  derivanti  da  decisioni non imputabili alla regione stessa (o
 alla provincia autonoma) o che, comunque, dipendono dall'esigenza  di
 tutelare  interessi  pubblici o diritti costituzionali dei cittadini,
 la cui cura e' affidata dalla Costituzione soltanto in parte - e  non
 certo quella essenziale - alla regione".
    La  puntuale  applicazione  di tali principi non puo' che condurre
 alla declaratoria di illegittimita' costituzionale anche dell'art. 3,
 terzo  comma, del d.-l. n. 262/1990 qui impugnato in principalita' in
 quanto, senza che nulla sia mutato  con  riguardo  alle  disposizioni
 legislative  che regolano i meccanismi della spesa sanitaria e senza,
 quindi, una maggior imputabilita' a  determinazioni  regionali  degli
 oneri  derivanti  dall'andamento  della  spesa sanitaria medesima, lo
 stesso pretende  di  accollare  al  bilancio  regionale  i  disavanzi
 passati  (anni  1987 e 1988) e futuri (anno 1990) delle uu.ss.ll. con
 una irragionevole lesione dell'autonomia finanziaria delle regioni.